Visti per soggiorni superiori ai 90 giorni: impugnazione a fronte di decisione di diniego. Caso M.A (CGUE, C-949/19, sentenza del 15 aprile 2021)
Parti nel procedimento principale
Ricorrente: Samohýl group a.s.
Resistente: Generální ředitelství cel
Dispositivo
La nomenclatura combinata contenuta nell’allegato I del regolamento (CEE) n. 2658/87 del Consiglio, del 23 luglio 1987,
relativo alla nomenclatura tariffaria e statistica ed alla tariffa doganale comune, nella versione risultante dal regolamento di
esecuzione (UE) n. 1101/2014 della Commissione, del 16 ottobre 2014, deve essere interpretata nel senso che un prodotto
consistente in una soluzione destinata ai gatti, che deve essere applicata per via cutanea locale (spot-on) mediante fiale
(0,5 ml) e che contiene la sostanza attiva denominata fipronil (50 mg per fiala) nonché eccipienti, quali il butilidrossianisolo
E 320, il butilidrossitoluene E 321, l’alcool benzilico e il glicol dietilenico monoetiletere, fatta salva la valutazione da parte
del giudice del rinvio di tutti gli elementi di fatto di cui quest’ultimo dispone, rientra nella voce doganale 3808 di detta
nomenclatura, come «insetticida».
Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 10 marzo 2021 (domanda di pronuncia pregiudiziale
proposta dal Naczelny Sąd Administracyjny — Polonia) — M.A. / Konsul Rzeczypospolitej Polskiej w
N
(Causa C-949/19) (
1
)
(Rinvio pregiudiziale – Controlli alle frontiere, asilo e immigrazione – Politica dei visti – Convenzione di
applicazione dell’accordo di Schengen – Articolo 21, paragrafo 2 bis – Carta dei diritti fondamentali –
Articolo 47 – Diritto a un ricorso effettivo – Diniego di visto per soggiorni di lunga durata opposto dal
console – Obbligo per uno Stato membro di garantire un ricorso dinanzi ad un organo giurisdizionale avverso una decisione di diniego di un tale visto)
(2021/C 182/25)
Lingua processuale: il polacco
Giudice del rinvio
Naczelny Sąd Administracyjny
Parti nel procedimento principale
Ricorrente: M.A.
Convenuto: Konsul Rzeczypospolitej Polskiej w N
Dispositivo
1) L’articolo 21, paragrafo 2 bis, della convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen, del 14 giugno 1985, tra i
governi degli Stati dell’Unione economica Benelux, della Repubblica federale di Germania e della Repubblica francese
relativo all’eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni, firmata a Schengen il 19 giugno 1990 ed entrata in
vigore il 26 marzo 1995, come modificata dal regolamento (UE) n. 610/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio,
del 26 giugno 2013, deve essere interpretato nel senso che esso non è applicabile al cittadino di uno Stato terzo cui sia
stato negato un visto per soggiorni di lunga durata.
2) Il diritto dell’Unione, segnatamente l’articolo 34, paragrafo 5, della direttiva (UE) 2016/801 del Parlamento europeo e del
Consiglio, dell’11 maggio 2016, relativa alle condizioni di ingresso e soggiorno dei cittadini di paesi terzi per motivi di
ricerca, studio, tirocinio, volontariato, programmi di scambio di alunni o progetti educativi e collocamento alla pari,
letto alla luce dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, deve essere interpretato nel senso
che esso impone agli Stati membri l’obbligo di prevedere una procedura di ricorso contro le decisioni di diniego di visto
per motivi di studio, ai sensi di tale direttiva, le cui modalità siano definite dall’ordinamento giuridico del singolo Stato
membro nel rispetto dei principi di equivalenza e di effettività, e tale procedura deve garantire, a un dato stadio del
procedimento, un ricorso giurisdizionale. Spetta al giudice del rinvio verificare se la domanda di visto nazionale per
soggiorni di lunga durata per motivi di studio di cui trattasi nel procedimento principale rientri nell’ambito di
applicazione della direttiva in parola.
Sentenza della Corte (Sesta Sezione) del 18 marzo 2021 (domanda di pronuncia pregiudiziale
proposta dal Naczelny Sąd Administracyjny — Polonia) — UAB «P» / Dyrektor Izby Skarbowej w B.
(Causa C-48/20) (1)
[Rinvio pregiudiziale – Fiscalità – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (IVA) – Direttiva
2006/112/CE – Articolo 203 – Imposte indebitamente fatturate – Buona fede del soggetto che ha emesso la
fattura – Rischio di perdita di gettito fiscale – Obblighi degli Stati membri di prevedere la possibilità di
rettificare l’imposta indebitamente fatturata – Principi di neutralità fiscale e di proporzionalità]
Giudice del rinvio
Naczelny Sąd Administracyjny
Parti nel procedimento principale
Ricorrente: UAB «P»
Convenuto: Dyrektor Izby Skarbowej w B.
Dispositivo
L’articolo 203 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul
valore aggiunto, e i principi di proporzionalità e di neutralità dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) devono essere
interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale che, a seguito dell’avvio di un procedimento di verifica fiscale,
non consente al soggetto passivo in buona fede di rettificare fatture sulle quali sia indebitamente esposta l’IVA, quando
invece il destinatario di tali fatture avrebbe avuto diritto al rimborso di detta imposta se le operazioni oggetto di tali fatture
fossero state debitamente dichiarate.